lundi 28 octobre 2013

Io e il francese: cenni ironici a una struttura seria

Che non usino il passato remoto e il congiuntivo, mi spiace; ma il francese, benché lingua neolatina, sorella dell'italiano e dello spagnolo e del portoghese, cugina del rumeno, vecchia come il cucco che già nell'alto medioevo vi sono le prime attestazioni (la prima in assoluto è il trattato di spartizione del Sacro romano impero tra i figli del buon Carlo Magno, a cui tra l'altro è intitolata la via principale di Louvain), è molto più spiccio di quanto non lo sia il nostro caro italiano.

D'altronde il francese è stato sempre parlato, talmente tanto e per lungo tempo, che la sua pronuncia è così cambiata che la grafia delle parole contiene assai più lettere di quelle necessarie e dunque beaucoup di legge /bocu/ e così via. L'altro grande cruccio sono le e che in francese le e si possono scrivere in almeno tre modi: con l'accento acuto é, e vanno pronunciate chiuse come in /per'ché/, oppure l'accento può essere grave è, e la si pronuncia aperta come in /per'chè/ quando è proferito al sud italia (ps. un caro saluto!), oppure, ed infine, l'accento è circonflesso ^, la e si pronuncia aperta, ma l'accento è etimologico. 

Ammesso che i parlanti abbiano interesse a conservare una memoria linguistica, considerando la difficoltà di mantenere quella storica, beh, l'accento circonflesso sta su quelle e che nel tempo hanno perso la -s- che le seguiva: tête < teste* < testas (testas, è la stessa parola latina popolare da cui è derivata la parola italiana. In francese si assiste alla caduta della -s finale dell'accusativo e alla palatalizzazione di a in e. ps. Prendete tutto col beneficio del dubbio!). Ai francesi non so se interessa, ma questo giochino cronologico linguistico non solo è divertente, ma per gli italofoni è uno spasso vedere quanto, precedentemente, le due lingue fossero imparentate.

Ma il francese ha proseguito la sua strada e, come in inglese, è sempre necessario ripetere il soggetto. Infatti in francese, la lingua più veloce d'Europa, le desinenze verbali non si pronunciano e dunque per capire chi compie l'azione è sempre necessario esprimere il soggetto. E qualche volta l'ambiguità rimane (mannaggia a loro!). Infatti il parl e ils parlent (terze persone singolare e plurale di parler) sono pornunciati uguali  /ilparl/ . Ci si salva quando il verbo inizia per vocale o h muta, in quel caso si deve pronuciare la -s finale del pronome ils e dunque il achète non è uguale a ils achètent: /ila∫èt/ e /ilza∫èt/ .

L'ultima notazione è questa, e vi farà pensare alla tendenza semplisicatrice della lingua
La prima e la seconda persona plurale sono distinguibili all'ascolto perché i suffissi verbali sono pronunciati. Ma comunque i madrelingua se possono le evitano, perché il verbo in questi casi subisce modificazioni nella radice. E se della seconda persona plurale non se ne può fare a meno perché costituisce la forma di cortesia, la prima persona è spesso messa da parte e sostituita dal pronome On + III persona singolare. E' una costruzione identica al nostro si impersonale: si mangia invece di mangiamo, on parl invece di nous parlons.

Spero non siano cose così noiose, soprattutto per chi non conosce il francese, e in generale perché mostrano che la lingua è un essere vivente, che cresce si abbellisce si abbrutisce assieme a noi!

samedi 26 octobre 2013

Belgique à manger#2: le plat fort et etrange

Il piatto forte di questi giorni è stato una roba che non potete nemmeno immaginare, perchè d'altronde se c'è una cosa in cui qui sono bravi è l'INNOVAZIONE. 
In tutti campi sanno innovare, forse perchè non hanno una storia lunga alle spalle o definita e grandiosa come la nostra, forse hanno semplicemente una visione più lungimirante, forse hanno solo un po' di pazienza: impegnarsi oggi per goderne domani. Fatto sta che anche in ambito culinario, ce danno dentro, abbestia (scusate il gerghismo giovanile).

Dito introspettivo di Marianna "Mo vedi che
sti cosi so' boni per davvero"....io frattanto cercavo
di comprendere ciò che il ragazzo ci diceva...

E così in una pausa pranzo fredda e buia per le nuvole e il vento, io e Marianna (l'idea era sua) addentrandoci in Grande Place, a louvain trovammo lo stand tanto ricercato dove, dove trovammo dei giovani alquanto strani, che il veganesimo o altre idee sul cibo, quelle che ci hanno proposto, avevano resi un po' emaciati, effetto accentuato forse dai loro abiti, vecchi e chissà, di seconda meno, di un certo gusto anni ottanta, che soltanto i maglioni dei padri non più usati possono ancora sbandierare.

Il foglio delle istrtuzioni ci diceva in un francese stringato e combattivo quanto ciò che avremmo ingurgitato sarebbe stato nutriente e sanoi e sostenibile e equo e .....





Ad un certo punto le nostre competenze romanze ci  hanno messo in difficoltà, quando il caro testimonial dei tanto super - prodotti, ci ha detto che essi non hanno un gran sapore, e la loro unica caratteritica è di essere "crustion", che sulle prime non abbiamo compreso, ma poi abbiamo inteso voler dire "croccante".


Osservateci, perchè dopo aver innalzato le nostre vivande, come prima di uno shottino di "velli pesi", questi due novelli Timon (Marianna) e Pumba (Io), abbiamo mangiato la nostra salata ai VERMI.
Faceva schifo, chairamente, e non per i vermi, povere larvucce grinzose, ma perchè la torta salata era poco saporita...
Non contenti, abbiamo preso pure il Brownie, alla larve!
Se tutte le larve devono avere quell'aspetto lì indifeso probabilmente diventerò vegano!

jeudi 24 octobre 2013

Belgique à manger #1

A Bruxelles di cose se ne mangiano parecchie, tipo


Churros

Non hanno niente a che fare con il nord Europa, ma anche qui, come ovunque del resto, hanno l'abitudine di friggere. In realtà un piatto tipico del Belgio sono, udite udite, le patatine fritte.
Mi ha spiegato una autoctona che il fritto del Belgio è considerato il migliore al mondo, semplicemente perché è fritto due volte! quindi avrà anche un contenuto doppio di grassi! Ma loro dicono che così rimane croccante fuori e morbido dentro...Non so se credergli perché sul fritto ci sono moltissimi luoghi comuni, tipo i cinesi che friggono tutto, ma in realtà nei ristornati si mangia tutt'altro, oppure che fritta è buona anche una scarpa, io non l'ho mai provata ma....non credo!

Ad ogni modo, i churros non li ho mangiati intitni nella cioccolata, come ho visto fare a Madrid a quelli seduti ai tavolini del bar, ma per strada in un cartoccio, come quello in                                                             cui mettono le patatine, qui in Belgio.




Un pollo e tre quarti

Questo è un piatto tipico (?) di qua, perchè tutte le volte che vado a qualche cena organizzata da autoctoni è presente, un po' come la nostra pasta.
Qui potete vedere un mezzo pollo, arrostito non so come, forse in una teglia, nella sua versione etnica con riso basmati appappardellato, miglio africano-cereale-povero appappardellato, e una pappardellata di peperono-melanzane-zucchini che se cucinata correttamente sarrebbe assurta al rango di caponata.

Di quella cena, il cibo è ricordato per la sua "sciocchezza", tale che sulla lingua non si avevano sapori distinti; ad ogni modo è stata una bella serata nella quale ho conosciuto una simpatica ragazza marocchina, che poi non ho più visto: una presenza passeggera interessante.
Ad ogni modo, la cena era offerta.                                  



Cibo bonito me pare!
I latini conquistarono il mondo conosciuto, i neolatini, soprattutto quelli del sud, si sono limitati alle tavole e ai ristoranti.

E' nelle strade dietro Grande Place a Bruxelles che credo si trovi la più alta concentrazione di ristoranti latini di tutto il Benelux, una via, fregature comprese, dove tutto è spagnolo e parla di mediterraneo spinto come la paella assai scadente, ma riempiente assai il mio stomaco, che vi mangiai.

ps. In quella via la latinità del sud non era solo sulle tavole, ma anche sul selciato, dove scarti di pesci e acqua nera e foglie di verdure, sembravano aver ricreato la Vucciria di Palermo!


'Na crepp!

Per la serie anche il Nord Europa ha qualcosa da offrire, ecco una bellissima, salatissima (anche nel presso) creps salata, degustata come una meraviglia locale, un umido sabato sera a Louvain la Neuve, da un gruppo di erasmus in cerca di esperienze indigene.

Era riempita di verdure e sopra c'era del parmigiano, era buona a dire il vero, ma il cibo di noi terroni indebitati e cicaleggianti non lo batte nessuno!






















C'era anche il cagnolino dei padroni, bello rotondetto a forza di ripulire il pavimento, mangiando le briciole cadute.














dimanche 20 octobre 2013

Une grande occasion #1: Aun San Suu Kyi

L'università ci ha offerto una grande occasione, quella di poter ascoltare una conferenza di una grande donna del nostro presente, e della storia, penso sia corretto dire: Aung San Suu Kyi. 
Ella aveva già ricevuto la laurea honoris causa dall'Ucl, ma fu suo marito a ritirarla perchè lei era in prigione. Adesso, dopo il suo rilascio nel 2010, e la sua entrata in Parlamento, è finalmente potuta venire, qui, in Belgio, dove ha tenuto una conferenza intitolata "Charity and Compassion in Politics".



All'auditorio ha ricordato e sottolineato quanto i valori e le idee condivise siano importanti, per due motivi. Il primo è che la politica si occupa degli esse umani, della società fastta di individui e perciò la carità, cioè l'amore o nel senso buddista del termine, la "genitlezza amorevole", è basilare. Così come la compassione, queste due inclinazioni sono fondamentali per il rispetto degli individui, per comprenderli, capirli.

Inoltre, carità e compassione sono rilevanti in un mondo globalizzato che pone nuove sfide umane, su tutte quella di non poter più vivere lontani l'uno dall'altro, ignorando reciprocamente le proprie esistenze: le differenze non devono più essere motivo di scontro, ma rimanendo se stessi, è necessario saper interagire con gli altri e ciò attraverso un insieme di valori condivisi, senza paura. Proprio questo sentimento, ella ha detto (e pensiamo alla situazione dell'immigrazione europea), è alla base del comportamento sospettoso e spesso ostile tra i popoli o i medesimi concittadini.

Va da sé, che la politica deve applicarsi per infondere questo slancio ideale nella sua dimensione pratica e di governo.

Parlando della situazione birmana, Aung San Suu Kyi ha sottolineato l'importanza dei valori condivisi, quelli democratici, e del sostegno internazionale che ha ricevuto per le sue battaglie. Un sostegno che, assieme a quello dei militanti birmani, le ha dato la forza di andare avanti.
Il suo progetto è quello di una Birmania democratica, nella quale la democrazia sappia assicurare ai cittadini libertà e sicurezza, garantendo l'una e l'altra. Una sciurezza che per i vari conflitti in Birmania non c'è mai stata fin dalla sua indipendenza, una libertà che permetta alla sua nazione di sviluppare il suo potenziale.

Domandatogli cosa accadrà quando, acquisito il potere democraticamnete, si troverà di fronte le persone colluse col regime dei generali, ella ha risposto che anche la giustizia e i suoi imperativi debbano essere mitigati dalla compassione: solo perdonando si potrà costruire una società armonica, che niente abbia a che fare col passato; la nuova Birmania non dovrà fondarsi su azioni di vendetta.

"I believe in the buddhist rule of Karma..." il bene fatto agli altri, torna sempre sotto nuove forme, magari non nella propria vita, ma nella comunità attorno. E il Karrma, è agire, azione.

La sua figura è esile, piccola, avvolta in una semplice tunica orientale, tenue, i capelli raccolti in una coda con solo dei fiori a decorarli. Ed è una contraddizione considerando i suoi atti, e la sua esemplarità.

Mi ha colpito su tutte una frase:
"I have never thought to be corageous. Often, when I was in prison I
thought about me. My strenght comes from burma people believing in my battle, sharing my values. Probably, if I had been alone in wanting democracy for my country, I would have never continued on this way, not for fear, but because it would have meant doing something only for myself".


jeudi 17 octobre 2013

Il carnevale

No, non è l'argine del fiume Mara, in Kenya, dopo che sono passati i branchi di gnu; è solo il fianco spiovente di un parcheggio adibito a mega-stadio-per concerti a Louvain la Neuve.

Perchè qua dall'una di ieri all'una di oggi, si è tenuto l'evento più importante di tutto l'anno accademico: la 24h velo.

Una gara in bicicletta per le vie della città, dalla durata di 24 ore, dico ventiquattro (con tutto il corrimi dietro di ettolitri di birra), nele mentre che per il resto di Louvain orde di studenti e di Belgi per l'occasione accorsi ballano e si sbronzano. Tutto inizia nella maniera più tranquilla, con tante biciclette variopinte dei veri e propri carri.




Queste robe che vedete sono veramente delle costruio
ni di cartapesta e sotto delle biciclette. Questi affari
fanno il percorso intorno alla città per 24 ore.
Naturalmente i piloti si danno il cambio.














Sono state bloccate le lezioni, cinte con le transenne le vie del percorso, ai supermercati proibito di vendere alcolici in contenitori di vetro da lunedì; la città è sottosopra: è il Carnevale.

 Con una resistenza disumana, i litri di birra e le ore passavano al ritmo dei concerti nelle piazze, e dove al solito c'erano vie piultie, stand di ogni tipo fornivano hamburger e drink (rigorosamente in bicchieri di plastica), pecket (distillato di ginepro) che anche se sa di lisomucil, ed è pure rosso, lo butti giù, perchè
non c'è remore è la baldoria.


Anche l'odore della città era cambiato, che la massa di gente ha ingegnato i bottegai, e gli hamburger erano cotti a centinaia e l'odore di cipolle era ovunque e ovunque c'era qualcuno che beveva e poi mangiava e via, in una frenesia che si alimentava.
E col procedere, uno scricchiolio, sovente, si faceva sentire, un crepitio sempre più frequente che non lasciava tregua agli orecchi, e i piedi non sapevamo dove metterli, perchè i biocchieri erano sempre più.


Questa stava nel mezzo alla stada!













E al concerto, dove la festa era più grande, non ci fu tregua. la fanghiglia ti faceva scivolare ma poi ti riarreggeva come se non volesse far finire la tua festa, ammesso che tu n'avessi coscienza.
Intorno era clado, la gente assipata si spintonava e si muoveva, come una massa mellifua, la stessa.
Chi vomitava, chi rideva, chi piageva, i bicchieri volavano, che manco gli asini, e pieni di birra t'infracidavano i capelli; c'è chi si arrampica sui pali dei lampioni, mentre la musica assorda e le luci colorano la notte sotto la luna....

La battaglia tra quaresima e carnevale, Pieter II Brugel, Museum de beaux artes, Brussels



lundi 14 octobre 2013

Sapori berberi, in Belgio

Il giovedì sera è l'ultimo giorno prima del niente, dato che i belgi tornano a casa per il weekend alla velocità della luce, cosicchè la città diviene un enclave di erasmus.
Ma al giovedì, proprio perché ultimo giorno di brulichio, c'è sempre qualcosa da fare, e la sera della cena del mezzo pollo in salsa (qui onnipresente, ma altri post vi diranno) vi fu una festa marocchina. Il tema centrale era la pasticceria marocchina. Quindi, il faut aller por moi!

Oltrepassata la coda di indecisi astanti l'entrata, e spogliatomi dei mille cenci e pastoie che di solito mi porto appresso: sciarpa, ombrello (anche se non piove, ma in belgio non si sa mai), borsello (non sono più comode le tasche?...forse non avevo i pantaloni?), mi sono avvicinato al luogo della festa, condotto da note dal sapore berbero, una musica di flauti e clarinetti e sibili vari, e davanti a me una distesa di tappetti e cuscini per sedersi. 

Il mezzo della stanza era occupato dalla ragazza che ballava la danza del ventre.....ai lati i maschi con gli occhi strabuzzati! 


La danza del ventre è veramente ritmata,  movimento e musica vanno di pari passo, e infatti il ragazzo che accompagnava il ballo batteva il tamburello col medeismo ritmo dei movimenti del ventre di lei; più la simbiosi era alta e più la danza era trascinante. 

Io, dal canto mio, cercavo di fare il vero Marocco fumando la sciscia assieme agli altri. Peccato che le mie boccate erano troppo deboli per aver aspirato un po' di fumo, o troppo grandi e quindi tossivo, comunque è finita presto, la sciscia al sapore di mela e ciliegia. 

Il meglio di me l'ho però dato su un altro lato, quello mangereccio.
Si sorseggiava seduti  the alla menta, mangiando i pasticcini che le ragazze avevano preparato. 
I dolcetti, tanto carini
La pasticceria marocchina è molto diversa dalla nostra; è costituita da dolcetti, piccoli sacchettini o mezzelune all'esterno di pasta di mandorle o pistacchi dalla superficie decorata con fregi e ghirigori. Dentro ci sono delle composte di mandorle, pistacchi, o fichi, o datteri, molto dolci, e si sentono i fiori d'arancio, la cannella, il miele, il sesamo. Il sapore è forte e ti riempe la bocca, e date le nostre abitudini può risultare stucchevole, ma non più di tanto.



Il giorno dopo andando a Bruxelles, ho visto davvero una pasticceria marocchina, e sono entrato.....









mercredi 9 octobre 2013

Mezzo pollo e molto di più

Fu un giovedì sera, quello dell’altra settimana (mi piace troppo il passato remoto, proprio perché fa sembrare tutto estrememamente….remoto), che per cena mangiammo, a testa, un mezzo pollo in salsa con patatine, in una grande sala assetata per l’occasione; la cena fu (fuit) gentilmente organizzata dall’associazione degli studenti erasmus, il cui acronimo è ESN che, in inglese ( e menomale che c’è quello al supermercato o per chiedere le indicazione stradali, che lingua!...l’inglese dico), significa: Erasmus Student Network.
Tra colori, festoni, giochi musicali (che non possono mai mancare in una festa che si rispetti) c’è stato gran divertimento, molte risate e il tempo di muovere critiche alla salsa del pollo (che sapeva troppo di finocchio…..e non sempre è bene!), tanto gentilmente offertoci quanto poteva essere cucinato meglio!
(La natura umana ammette rare eccezioni alle perfezioni del proprio giudizio (ndr. l’ironia vale per molti, nel caso particolare anche per me); e i giudizi culinari, o i pregiudizi sull’incapacità all’estero di cibarsi, sono comuni assai tra noi italiani, ed assai pungenti, sarcastici, dissolventi le buone intenzioni degli organizzatori, e perciò vicine, assai, alle cattiverie.)
Ma lasciando perdere le implicazioni morali dell’accaduto, alla festa si è fatto molto, compreso ridere, scherzare andare alla toilette (in fondo a destra, ma al piano di sotto) e….ah dimenticavo, c’è stato anche il tempo di prendere il dessert, che molti han preso due volte, ma si narra di qualcuno che ha preso tre pezzi di torta e non si sa come sia sfuggito ai controlli né quanti siano  rimasti a bocca asciutta!
Insomma, la gentilezza degli ESN,  è stata disarmante sia per l’orda di barbari che ha fronteggiato senza battere ciglio, sia per la situazione abituale a cui noi studenti italiani siamo abituati, dato che quella sera che fu un giovedì, fummo invitati, semplicemente e con piacere, a mettere le gambe sotto il tavolino, aspettando che qualcuno ci portasse il pasto caldo e profumoso.
E finalmente qualcuno lo ha fatto!