jeudi 15 mai 2014

Salle de Musculation 2: "faccio il figo, ma sono un povero disgraziato come tutti"

Sono entrato. Bene. Non mi resta che prendere un tappetino verde, della lunghezza di un pigmeo (e sono davvero corte queste piccole stuoie per non entrarci nemmeno la metà di me), e iniziare a fare le mie flessioni.
Tre serie, da 15 flessioni, mani dietro la testa, naturalmente il collo si piega troppo ma il busto si alza poco. Ogni volta che rimonto il mio capo verso l'alto, cercando di non far notare la mia malagrazia a questi professionisti del fitness, vedo cose.......
Gli angoli della bocca

Una volta mi sono addirittura impaurito. Un ragazzo, dall'aria poco sveglia, era aggrappato ad una sbarra orizzontale elevata da terra; staccata improvvisamente una mano dall'asta ho pensato che cadesse e invece no, si apprestava a tirare il suo corpo su e giù con un solo braccio. Aveva gli angoli della bocca talmente tirati e allungati, che gli toccavano le orecchie. Ma non sorrideva.

E' questo che colpisce della tipologia "faccio il figo, ma sono un povero disgraziato come tutti" (nella quale rientro anche io), la forza di abnegazione che hanno nel condurre esercizi che hanno per loro la stessa piacevolezza di una cattiva notizia la mattina del proprio compleanno; ma imperterriti continuano, come faresti il giorno del tuo compleanno se ci fosse una cattiva notizia: in fin dei conti, la vita deve andare avanti o no?

"Il ragazzo con l'asta" è niente a confronto dei tremiti e dei singulti che alcuni provano e a cui decidono di sottoporsi alzando i grandi bilancieri. Neanche i visi angelici belgi riescono a resistere alla fatica e si deformano, fino a che sbanf, "cadde come corpo morto cade". Il segnale della fine; la prova del nove perché dopo aver mollato il bilanciere si può soltanto ripensare alle serie compiute e al tempo che si è resistito.
Lui, il bilanciere e l'amico
Ma non c'è solitudine in questo. Appena lo sbanf si propaga nell'aria, l'amico sorride al nostro uomo come a incoraggiarlo, mentre gli altri attorno si girano a guardano con ammirazione, perché conoscono la fatica, e con invidia, perché fra poco toccherà a loro (mentre l'altro s'è già tolto l'esercizio). 

Questi bei ragazzoni formano una comunità, silenziosa a dire il vero. Alla mia alzata di capo ne vedo qualcuno che passeggia a piccoli passi nei dintorni della macchina, magari ha fatto posto al compare o semplicemente riposa. Si guardano e si fanno mezzi sorrisi, e poi si osservano i bicipiti sulle braccia inclinando un lato la testa, o pure le gambe abbassandola leggermente. Muovono il capo a ritmo leggero, e si passano una mano sulla maglietta come a lisciare i pettorali, assicurandosi che siano ancora lì o che siano cresciuti giusto un po', come le piantine di fagioli nelle notti di luna piena......
Potere del cristallo di Luna, vieni a me!

Salle de Musculation 1: l'epica entrata

Al centro sportivo non ci si annoia mai, e dopo aver provato yoga ed essere passato per il pilates, aver sentito parlare di badmington e di boxe francese e di karate, ho deciso che era giunto per me il momento di entrare nella sala di MUSCULATION. Sì, avete capito, quella sala dove gli uomini si rinchiudono nel tentativo di scolpire i loro corpi come armature medievali. 

Lancillotto Invidioso (come se non ne avesse già
vissute abbastanza, le pauvre)
Un luogo, come un altro pianeta i cui parametri differiscono dai nostri, dove i bicipiti sono grandi come pompelmi, i petti hanno le sembianze di usberghi d'acciaio che farebbero impallidire Lancillotto (e perdere la testa, manco a dirlo, a Ginevra) e i polpacci sono fasci di fibra come tronchi di ulivi.


(E' inutile dire che lo spettacolo è dei migliori, considerando che l'aria "acqua e sapone" degli uomini belgi allontana il rischio truzzaggine che nelle stesse sale si respira in Italia: qui sono prestanti, e basta).

Naturalmente, dietro questo sfoggio di fasce muscolari proterve e aggettanti, si nasconde un lato oscuro, quello della fatica e dei tentativi, dei rimorsi per non avercela fatta, e delle figurette sempre dietro l'angolo di fronte a compagni di sala sempre pronti a sorridere.
A: La bellezza di cui sei circondato non è abbatsanza?
B: No. Non lo è.
Che dire, per belli apparire bisogna soffrire e la sala di Musculation te lo fa intendere. Tutte buone ragioni per rinunciare a questo mito della bellezza; in fin dei conti, la bellezza di cui sei circondato non è abbastanza? No. Non lo è. 

E così anche io ho iniziato, modestamente, si intende, a frequentare quel luogo. E visto che io vedo quello che vi accade ve lo racconterò. Ed anche lo sento.
Non occorre consultare la mappa del centro sportivo per trovare la sala. Essa si fa riconoscere. Seguendo il lungo corridoio illuminato a neon, a poco a poco il rumore dei propri passi viene meno e si sentono come degli schiocchi, e poi dei veri clangori. I clangori delle rotelle di ferro che cadono. E poi i tonfi dei manubri lasciati cadere sotto il loro peso, come corpi morti cadono. 

E' in fondo al corridoio. A destra. (E non è il bagno).
In fondo a destra. E' là.

samedi 10 mai 2014

PICCIONi, PICCIONcini e imPICCIarsi (gli animali di Louvain la Neuve)

Posso dire di non essere mai solo in casa e non perché abbia degli inquilini. Infatti, anche nel weekend, quando essi tornano alle loro dimore sparse per il piccolo regno del Belgio, io non sono solo. C'è sempre qualcuno in cucina, nei corridoi o in camera, sempre accanto a me , o meglio sopra la mia testa.
Io abito all'ultimo tetto e sopra di me, al quinto vista cielo, ci sono i piccioni.   

Uccelli maledetti che io non sopporto, cacatori a tradimento su spalle, teste o capelli (ma nel mio caso c'è il solaio a proteggermi, se dio vuole), essi hanno eletto il tetto di questo palazzo a grande habitat naturale. In fin dei conti la posizione è buona, in centro e accanto al Sablon, il ristorante universitario. Inoltre, i furbacchioni sanno bene che i belgi tra l'una e le due ingurgitano tonnellate di cibo (perché sono tanti sia ben chiaro e non perché mangino tanto, più che altro male) e altrettante le perdono per le strade del centro, poiché sgranocchiano in piedi a camminano. Ed è in quei momenti che l'intelligenza dei piccioni mostra il suo picco: essi infatti planando a tutta birra, come aerei della ryanair fuori controllo, riescono a impadronirsi di tutto quel ben di dio (e aiutano anche a tener pulito, salvo che poi sporcano in altra maniera....). 
Il tetto, che certo non è costruito coi materiali più nobili, sembra la pista di atterraggio di un aeroporto: pieno di rumori planano e ritornano e tubano e poi si litigano.
I piccioni sono franchi, mica te la mandano a dire. Non hai a imPICCIarti degli affari o delle briciole altrui, che quelli partono all'attacco e si becchettano con una violenza, tanto che a volte emettono dei versi strani che mai avrei creduto possibili da un piccione (nei quali non ripongo grande fiducia).

Ma secondo me c'è qualcosa di più. A volte studiando in camera mi sento come osservato e dalla finestra vedo due piccioni fermi che mi guardano dal tetto al di là della strada. E poi subito iniziano a passeggiare sul cornicione, muovendo ritmicamente la testa avanti e indietro come solo loro, e qualche pazzo che ho visto ballare a louvain la neuve, sanno fare. Mah.....

Hanno anche momenti teneri, i piccioncINI. Proprio ieri, forse per farmi invidia, dato che è da gennaio che
mi osservano e quindi ormai conoscono la mia storia, due esemplari di Columba Livia, dopo essersi ben nettati il piumaggio spostando lo sporco da un punto all'altro del corpo, si sono avvicinati, si sono guardati e si sono presi per il becco uno l'altro......(e poi hanno anche copulato, ma questo non fa parte del romanticismo, ma è semplicemente la mentalità picciona che salta fuori in ogni momento). Sono rimasti becco a becco per qualche minuto, per poi iniziare a becchettare tra le tegole cercando qualcosa da sgranocchiare....

dimanche 4 mai 2014

Marcinelle 2: una riflessione....

Voglio ritornare sul post che ho scritto su Marcinelle, al quale vorrei aggiungere una riflessione.

Il sito di Marcinelle, oggi ristrutturato e divenuto patrimonio dell'Unesco, vuole essere, nell'idea dei progettisti, un luogo di riflessione sul tema della migrazione.

La storia di questo luogo è strettamente legata alle difficoltà gli europei si trovarono a dover fronteggiare dopo la seconda guerra mondiale, fra i quali gli italiani.

L'Italia non avrebbe avuto la capacità di rialzarsi senza i fondi del piano Marshall, e nell'immediato dopo guerra l'emergenza lavoro era evidente, come anche lo scontento sociale.
Proprio per alleggerire questa situazione, l'Italia firmò nel 1946 un protocollo con il Belgio per facilitare l'entrata dei nostri connazionali in quel paese a fini lavorativi. Gli italiani furono incentivati ad andare, e i Belgi incentivati ad accoglierli visto che essi si rifiutavano di lavorare nelle miniere, mansione troppo umile e pericolosa, ma allo stesso tempo avevano bisogno del carbone per dare combustibile alla loro ricostruzione.

Fin qui tutto assai normale. Senonché gli italiani che partivano erano spesso ingannati, poiché gli era spiegato che in Belgio avrebbero avuto vitto e alloggio per loro e la famiglia e che il lavoro era ben pagato e che gli orari non erano massacranti.
Quando queste persone invece arrivavano si trovavano di fronte alla desolazione. All'inizio tutti, ma altri per degli anni, furono costretti ad abitare in container di lamiera che erano gli stessi che usarono i soldati nella guerra. Solo con molta fatica riuscivano a costruirsi le case "couronne" come le chiamano qui, piccole e in mattoncini, tipiche case degli operai; naturalmente tutte costruite nei dintorni della miniera e dunque esposte ai fumi, alle polveri (il sito di Marcinelle è in mezzo all'abitato del paese omonimo).

Non so se notate.....I container erano in lamiera e dentro vi erano delle brande appese alle pareti. Quella era la residenza
di più operai e delle loro famiglie.
Quando successe il disastro, sapete cosa accadde? A parte qualche misura di sicurezza in più, e visto che gli italiani avevano già dato il loro contributo di sangue, iniziarono ad essere chiamati immigrati turchi e spagnoli a lavorare in miniera, che chiuse nel 1967.

Marcinelle quindi ha a che fare con la migrazione. Essa, come molte altre realtà, è il simbolo dell'avidità dell'uomo che s'approfitta di chi ha fame per costringerlo a condizioni assolutamente sfavorevoli, dandogli in cambio poco; e inoltre è rappresentazione della superbia umana, che pretende di non garantire a degli stranieri i medesimi diritti che garantirebbe ai connazionali, proprio in virtù della loro origine differente.

Credo che questa pagina, sperando che la leggiate, possa offrire uno spunto di riflessione sull'attualità e le idee che ciascuno ha su di essa.

Un vagone carico carico di.....ITALIANI

Che in Belgio siano persone tranquille non abituate ai grandi cataclismi (qui i terremoti non ci sono) né alle rivolte sociali (qui la crisi ha colpito assai meno), è un dato di fatto. Essi infatti vivono placidi e calmi nel loro mondo che, in effetti, è molto invidiabile dato che la gran parte di ciò che c'è funziona ed è a misura perfetta di consumatore o cittadino.

Chiaramente, dato il background d'illimitata placidità, un imprevisto può gettare nel panico. Come quando un controllore dei treni belgi incontra un vagone carico carico di.......ITALIANI.
Come un gatto in tangenziale o un gallino a un'assemblea di volpi, i controllori non potrebbero desiderare di peggio.
Gli italiani, si sa, non perdono il loro gusto per viaggiare senza avere il biglietto, come gli articolo 31 cantavano, il problema è farlo in una ventina, uno accanto all'altro contro una piccola povera controllora, disabituata "a questo genere di cose". Bisogna dire che le macchinette per i ticket ieri sera non funzionavano e dunque eravamo scusati.

Ma per la povera ragazza dai capelli castano chiaro spento è stato comunque difficile, perché non solo si è dovuta applicare con il suo marchingegno elettronico per fornire di biglietto "andata e ritorno tariffa weekend" tutti i portoghesi, come se dice a Roma, senza valido titolo di viaggio, ma ha dovuto pure affrontare una trattativa, in puro stile "fai la grazia San Gennaro".
All'inizio (come era)
La multa infatti ci sarebbe stata, seppure non troppo alta, ma la povera vistasi pregare in ginocchio e sentitasi raccontare nel nostro francese, quello in italiano, le mille ragioni per le quali non avevamo potuto fare il biglietto, alla fine, ella ha acconsentito. 
E dopo lo scoglio l'iniziale, per la giovane pulzella pallida, è iniziato un giro dell'inferno che, dalla cima, l'ha portata al fondo del vagone in circa mezz'ora, girandosi ad ogni sedile.

Da bianca è diventata verde, viola, quando ha fatto il biglietto a me era gialla e il sudore gli imperlava la fronte. Gli occhiali, dall'ansia che la povera aveva, gli erano scivolati lungo il naso fermandosi a poco dalla punta, tipicamente belga: acuminata e leggermente slargata sulle narici. I capelli legati in una morbida codina tenuta da una semplice elastico, erano ormai scompigliati: il gommino era sceso e quelli si erano espansi e mossi ciascuno per la sua direzione.

Alla fine (come è diventata)
Nel mentre, oltre l'invasione dei visitors italiani, la povera doveva anche badare al treno: scendere alle fermate, dare l'ordine di ripartire, senza considerare che facendo i biglietti in piedi, ogni frenata ogni curva la facevano traballare inesorabilmente. 
ogni cambio di rotaia,

Scesi, avrà sicuramente tirato un respiro di sollievo. E togliendosi il cappellino cilindrico grigio con la banda arancione lo avrà forse visto per la prima volta bagnato di sudore da stress!

(Il post è ironico. Ed è una celebrazione implicita e "a contrario" della capacità degli italiani di tirarsi fuori dalle situazioni peggiori, perché ahimé al peggio ci siamo abituati. Mentre la ragazza belga era veramente in ansia....)

jeudi 1 mai 2014

1° maggio: Marcinelle

Marcinelle. Cancello di entrata
Oggi, 1° maggio, sono stato a Marcinelle. In questa frazione di Charleroi, l’8 agosto 1956 ebbe luogo una delle più rilevanti tragedie sul lavoro che la storia del Belgio e dell’Italia, dato il numero di lavoratori italiani presenti, abbiano mai visto. 262 vittime di cui 136 italiani e 95 belgi, tutti morti intrappolati come topi in fondo a cunicoli troppo stretti e bui, nei quali le garanzie per la sicurezza non erano all’ordine del giorno.
Oggi il sito, ristrutturato e divenuto patrimonio dell’Unesco, ha un aspetto fortemente innaturale: è ordinato, è silenzioso, non è fuligginoso. Rimangono
Le due torrette dove si trovavano gli ascensori.
Al di sotto di esse i pozzi estrattivi
ancora in piedi le due torrette in ferro che contengono gli
ascensori per i quali uomini e carbone entravano ed uscivano dai pozzi. Pozzi che si trovano proprio lì sotto, e ciascuno, perpendicolare alla sua torretta, entra nella terra.

Cosa successe quella mattina alle ore 8,10 dell’8 agosto 1956?              
Sala degli Impccati
Come ogni giorno gli operai entrarono dal cancello e alla portineria presero la propria medaglietta numerata. Poi nella vestieria si misero gli abiti di lavoro e attaccarono quelli civili ai ganci che tramite una carrucola erano issati al soffitto; gli abiti che pendevano dall’alto avevano un aspetto lugubre e infatti lo spogliatoio era chiamato “Sala degli Impiccati”.



Poi si passava alla lampisteria dove ciascuno prendeva la sua lampada a olio e lasciava la medaglietta numerata, così si sarebbe sempre saputo chi era dentro. Adesso si entrava in miniera e lo si faceva con gli ascensori usati anche per i carrelli e costruiti apposta per questi, cosicché gli uomini dovevano accovacciarsi: erano troppo alti per gli ascensori dei carrelli…..

Al le 8 di mattina i turnisti appena entrati, stavano cominciando a lavorare. La miniera di Marcinelle non aveva un sistema elettrico che segnalasse la presenza del carrello pieno nell’”ascensore” per farlo salire, né per far comprendere ai minatori che l’elevatore fosse già in moto. Il minatore, per avvertire in superficie,  poteva solo tirare una corda a cui era attaccato un campanello e il suo collega, lassù, sentendo i tintinnii avrebbe azionato l’ascensore. Peccato che la corda a cui il campanello era legato poteva essere lunga anche un chilometro, tanto era profonda la miniera.

La mattina dell'8 agosto 1956
La mattina dell’8 agosto proprio qui si creò l’incidente. Un minatore al livello 975 (975 metri sotto terra) non si rese conto che l’ascensore era già in moto ed inserì un carrello pieno. Da sopra quando udirono non poterono far niente per fermarlo. Il carrello entrò di straforo nell’ascensore rompendo un asta metallica della struttura e la conduttura dell’aria pressurizzata. La scintilla che ne scaturì bastò a innescare l’incendio nei cunicoli (data la presenza di gas nei tunnel). 

Dei due pozzi uno, questo, era bloccato perché il carrello incastratosi aveva inceppato l’ascensore. Nell’altro pozzo c’era troppo fumo.
Fortunatamente ve ne era un terzo più grande e appena terminato. I soccorritori tentarono di entrarvi il 22 agosto, ma non ce la fecero perché dall’apertura non poteva passare un uomo che indossasse lo zaino (rigido e di medie dimensioni) che conteneva i dispositivi di sicurezza per la respirazione. Il “nuovo progetto”, quello del dopoguerra, pretendeva ancora che i minatori si recassero là sotto a braccia e mani nude, inerme nelle viscere della terra.

II 23 agosto, dopo aver allargato l’apertura, i soccorritori entrarono. Ma non soccorsero. Furono estratti i 262 corpi, uno a uno. Ciò andò avanti per mesi.