jeudi 1 mai 2014

1° maggio: Marcinelle

Marcinelle. Cancello di entrata
Oggi, 1° maggio, sono stato a Marcinelle. In questa frazione di Charleroi, l’8 agosto 1956 ebbe luogo una delle più rilevanti tragedie sul lavoro che la storia del Belgio e dell’Italia, dato il numero di lavoratori italiani presenti, abbiano mai visto. 262 vittime di cui 136 italiani e 95 belgi, tutti morti intrappolati come topi in fondo a cunicoli troppo stretti e bui, nei quali le garanzie per la sicurezza non erano all’ordine del giorno.
Oggi il sito, ristrutturato e divenuto patrimonio dell’Unesco, ha un aspetto fortemente innaturale: è ordinato, è silenzioso, non è fuligginoso. Rimangono
Le due torrette dove si trovavano gli ascensori.
Al di sotto di esse i pozzi estrattivi
ancora in piedi le due torrette in ferro che contengono gli
ascensori per i quali uomini e carbone entravano ed uscivano dai pozzi. Pozzi che si trovano proprio lì sotto, e ciascuno, perpendicolare alla sua torretta, entra nella terra.

Cosa successe quella mattina alle ore 8,10 dell’8 agosto 1956?              
Sala degli Impccati
Come ogni giorno gli operai entrarono dal cancello e alla portineria presero la propria medaglietta numerata. Poi nella vestieria si misero gli abiti di lavoro e attaccarono quelli civili ai ganci che tramite una carrucola erano issati al soffitto; gli abiti che pendevano dall’alto avevano un aspetto lugubre e infatti lo spogliatoio era chiamato “Sala degli Impiccati”.



Poi si passava alla lampisteria dove ciascuno prendeva la sua lampada a olio e lasciava la medaglietta numerata, così si sarebbe sempre saputo chi era dentro. Adesso si entrava in miniera e lo si faceva con gli ascensori usati anche per i carrelli e costruiti apposta per questi, cosicché gli uomini dovevano accovacciarsi: erano troppo alti per gli ascensori dei carrelli…..

Al le 8 di mattina i turnisti appena entrati, stavano cominciando a lavorare. La miniera di Marcinelle non aveva un sistema elettrico che segnalasse la presenza del carrello pieno nell’”ascensore” per farlo salire, né per far comprendere ai minatori che l’elevatore fosse già in moto. Il minatore, per avvertire in superficie,  poteva solo tirare una corda a cui era attaccato un campanello e il suo collega, lassù, sentendo i tintinnii avrebbe azionato l’ascensore. Peccato che la corda a cui il campanello era legato poteva essere lunga anche un chilometro, tanto era profonda la miniera.

La mattina dell'8 agosto 1956
La mattina dell’8 agosto proprio qui si creò l’incidente. Un minatore al livello 975 (975 metri sotto terra) non si rese conto che l’ascensore era già in moto ed inserì un carrello pieno. Da sopra quando udirono non poterono far niente per fermarlo. Il carrello entrò di straforo nell’ascensore rompendo un asta metallica della struttura e la conduttura dell’aria pressurizzata. La scintilla che ne scaturì bastò a innescare l’incendio nei cunicoli (data la presenza di gas nei tunnel). 

Dei due pozzi uno, questo, era bloccato perché il carrello incastratosi aveva inceppato l’ascensore. Nell’altro pozzo c’era troppo fumo.
Fortunatamente ve ne era un terzo più grande e appena terminato. I soccorritori tentarono di entrarvi il 22 agosto, ma non ce la fecero perché dall’apertura non poteva passare un uomo che indossasse lo zaino (rigido e di medie dimensioni) che conteneva i dispositivi di sicurezza per la respirazione. Il “nuovo progetto”, quello del dopoguerra, pretendeva ancora che i minatori si recassero là sotto a braccia e mani nude, inerme nelle viscere della terra.

II 23 agosto, dopo aver allargato l’apertura, i soccorritori entrarono. Ma non soccorsero. Furono estratti i 262 corpi, uno a uno. Ciò andò avanti per mesi.






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